20190102

Il secondo uomo

Il mese scorso è morto mio "suocero" ovvero il padre della mia compagna. Da tre anni era malato di demenza senile che ha acutizzato un carattere già difficile. Era separato da oltre trent'anni e non si era mai risposato, era tendenzialmente misogino e pieno di manie contro tutto e contro tutti, ma non contro la figlia che, comunque a mio modo di vedere, trattava sempre male.

Essendo ateo e anticlericale non ha avuto un funerale ma solo una cerimonia funebre all'interno delle sale di esposizione del cimitero. Abbiamo preparato una specie di altare pagano. Dato che era un pittore dilettante ma di buona mano, abbiamo messo un suo quadro  appeso all'interno della camera di fianco alla bara. Abbiamo anche allestito un pannello di compensato con tante foto dei vari momenti della sua vita.
Senza funerale la cerimonia si è svolta di fronte a una trentina di persone convenute alla camera mortuaria grazie a un passaparola (non voleva annunci sul giornale). Una delle prime badanti, anche amica di famiglia, ha rotto il ghiaccio leggendo una lettera, stando lì, di fianco alla bara aperta.
Dopo di lei non si è fatto avanti nessuno, e anche io non ho voluto leggere il breve pensiero che mi ero preparato. Invece la mia compagna ha preso la parola ed ha parlato a braccio per 10 minuti di fianco alla bara aperta di suo padre.

Il discorso, in sintesi, è stato sui tre momenti della vita insieme a lui. Il primo è il momento più bello, quello della scoperta insieme al padre di tanti aspetti della vita: "per me, mio padre era un mito". Era stato campione di sci, viaggiatore, minatore, incisore, restauratore, giocatore di tennis e di golf di buon livello: per lei un esempio.
Il secondo momento della vita è stato quel lungo periodo dalla separazione dei genitori fino a qualche anno fa, in cui gli atteggiamenti misogini di lui sono via via aumentati ma sempre con un legame profondo per lei. Un esempio su tutti, che ricordo io, lei perde il portafoglio e il papà fa 6 ore di treno per venire a Milano a portarle soldi e conforto.
Infine il terzo momento, quello difficile della malattia e del disfacimento delle capacità cognitive e della memoria. Sempre più confuso ma sempre dal carattere orgoglioso e cattivo; la riconosceva sempre al telefono con cui quotidianamente, all'orario prefissato, si sentivano. Sul finire del discorso ha detto che per intendersi con il padre bastava solo uno sguardo o un accenno al telefono.
Ecco, di questo amore filiale non credo di essere consapevole, è una parte di lei che non ho mai completamente valutato e compreso. Ho anche capito che non sarò mai all'altezza di questo affetto incondizionato, sarò sempre il secondo uomo.

Tramonto al Monte San Simeone

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